“fortuna che l’età della crescita l’ho passata”
Lo pensi con gratitudine, chiedendoti che ci fanno così tanti ragazzini suppergiù delle medie, in tram, in piena estate, ché la scuola è finita.
Ti chiamano la memoria a quando c’eri tu, alle medie, e guardandoli sgraziati e allegri ripensi a quella parola strana che ti dicevano i medici all’epoca, e la pronunciavano seri, a volte cupi: scoliosi.
Seguita da un sacco di altre parole e aggettivi, che volevano dire che la tua schiena lunga non la voleva smettere di crescere, andava in fretta, troppo, scappava via, e si stava accartocciando.
A te veniva in mente il proverbio che ripeteva sempre il nonno: chi va piano va sano e va lontano, “… ma cosa corri a fare, schiena, che poi ti schianti?”.
Di crescere, ti dicevano, si smette.
Se non metti il busto adesso, tra sei mesi sarà troppo tardi, dicevano, ché l’accartoccio mica si può più sistemare, dopo.
Anzi, alcuni volevano operarti lì per lì per correggere la folle corsa della tua schiena.
A te faceva così tanta impressione che ti rifiutavi perfino di immaginartelo.
I più arditi arrivarono a spiegarti, con un disegno che ancora ricordi, che la tua statura un giorno sarebbe poi diminuita, che capita a tutti, è naturale.
Spiegavano che, a un’età che quando si è molto giovani non si riesce proprio a concepire, si inizia a ritirarsi e l’accartoccio allora diventa un nodo marinaio.
A te sembrava di essere il tuo maglione preferito quella volta che era finito nel lavaggio sbagliato, e avresti voluto tirarti fuori dalla lavatrice prima che il programma iniziasse a infeltrirti.
A un certo punto, ricordi bene mentre scendi alla tua fermata, ti sei rifiutata di vedere altri medici.
Di farti operare.
Di mettere il busto.
E ti sei tenuta la diagnosi, pensandoci sempre meno e andando avanti col resto dell’adolescenza.
Non mi sono mai sognata di mettere in discussione quei postulati.
Non mi sono nemmeno mai sognata di verificare, superata l’età della crescita e invertita la direzione, il numero nei documenti che indica la statura, perché i postulati sono, appunto, postulati e da un certo punto in poi gli unici numeri ufficiali che cambiano sono quelli del recapito.
Fino al giorno in cui qualcuno dichiara che sono certamente più alta dei centimetri scritti sulla carta d’identità.
Ne è sicuro, vuole verificarlo, per provare di riflesso che la propria, di statura, corrisponde a quella certificata nei suoi, di documenti: di fatto siamo alti uguali, sulla carta c’è una differenza di diversi centimetri.
Quel metro lì nella farmacia all'angolo dice che, dall'ultima misura adolescenziale, sono cresciuta.
Due centimetri.
(lui invece, apparentemente ne ha persi quattro, ma questa è un'altra storia).
Mi è venuta la voglia prepotente di fare quattro chiacchiere vis-à-vis con la pletora di ortopedici che mi terrorizzarono da ragazzina, sostenendo che a ventanni non sarei più stata in grado nemmeno di camminare, "con quella schiena"...
Anni di Yoga sono (anche) piedi più larghi insofferenti alle calzature (soprattutto se strette e col tacco), spalle e torace che non entrano più in nessuna vecchia giacca e un guardaroba da rifare, e due centimetri in altezza guadagnati alla scoliosi che avrebbe dovuto paralizzarmi vent'anni or sono.
Lo Yoga mi insegna, giorno per giorno, ad abitarmi in modo diverso, a scoprire con stupore sempre nuovo spazi impensati.
La cosa più interessante, però, non è trovare un altro numero di scarpe, né cambiare la misura sui documenti.
E’ mettere in dubbio i postulati.
e per me il cambiamento è stato sopratutto la sensazione di avercelo, un corpo.
RispondiEliminae di doverlo conoscere respirandolo.
di doverlo capire ascoltandolo.
in silenzio.
un'immagine di corpo:
https://www.flickr.com/photos/francesco_melchionda/15022214246/
un'immagine di silenzio:
https://www.flickr.com/photos/francesco_melchionda/15098036006/
ciao maestra rara