questo mito inizia con
una promessa. una promessa fatta in
tempi lontani, in cui, tanto per cambiare, i deva (dei) e gli asura (antidei)
se le danno di santa ragione in una guerra infinita e sfinente: in palio c’è – nientepopodimenoché
- il dominio sui tre mondi. entrambi gli
schieramenti sono ormai fiacchi e indeboliti, ma gli asura sono decisamente in vantaggio: i deva hanno un disperato bisogno dell’Amrita, il nettare
dell’immortalità.
infatti nella notte
dei tempi gli dei non sono nemmeno ancora immortali. vivono molto, molto a
lungo, è vero, ma la morte li prende sempre e soffrono di tutte le lacerazioni
che la guerra prolungata lascia dietro di sé.
il fatto è che l’Amrita
se ne sta immersa nell’immenso Oceano di latte, l’oceano senza sponde di prima
dell’inizio, dove tutto è contenuto: ogni cosa è lì, intimamente mescolata a
tutte le altre che ancora devono venire ad esistenza.
ma come si fa a tirar
fuori, da quell’enorme marasma opaco, il prezioso nettare?
essendo latte, si può
frullare (per la precisione, zangolare), proprio come si farebbe per tirarci
fuori il burro.
bello.
ma frullare un immenso
oceano non è mica come zangolare un secchio di latte!
“per riuscirci, alleatevi
con gli asura”, consiglia Vishnu ai deva.
questa è la promessa
che da vita alla storia: i deva
promettono agli asura, in cambio di
collaborazione, di dividere con loro il prezioso nettare.
una promessa
pericolosa, difficile da mantenere.
i deva borbottano tra loro su questa inedita cooperazione, ma ci si penserà
dopo a come sistemare le cose, dopo, quando avranno la coppa dell’Amrita in
mano.
ora l’urgenza è
tirarla fuori dall’Oceano.
gli asura, sfiancati dalla guerra e sedotti
dalla prospettiva di diventare invincibili, accettano subito di dividere fatiche
e premio finale con gli avversari di sempre.
l’impresa è immane.
per costruire la più grossa
zangola mai esistita decidono di utilizzare, come perno, il monte più alto dell’universo:
il monte Mandara.
non è roba da poco: deva e asura scavano le radici della montagna, per estirparla dal suo
sito, ma scavare come matti non basta perché non riescono, nemmeno tutti
insieme, a trasportarlo.
il monte scivola, tentenna,
cade, schiaccia e non si lascia trasportare. non ce la farebbero mai se
l’enorme Garuda, l’aquila divina, non lo prendesse con i suoi artigli, portandolo
sa solo al centro dell’Oceano.
per fabbricare, però, una
zangola non basta avere il perno adatto: serve anche una corda da avvolgere
intorno al monte.
qui entra in gioco
Vasuki, il re dei serpenti, gigante quanto il monte Mandara, che sembra proprio
fatto apposta per essere la fune del frullatore cosmico.
i deva tengono la coda del serpente, gli asura la testa, e tirano a turno.
oooh issa, oooh issa!
la montagna inizia
a ruotare, prima piano ma, man mano che l’inerzia cede, sempre più in
fretta…schiuma, ondate di latte,
oooh issa, oooh issa!
onde sempre più
agitate, il vortice intorno al monte Mandara inizialmente è timido, ma via via
diviene più profondo,
oooh issa, oooh issa!
tutti sudano faticano
in modo inesprimibile.
col progredire del
lavoro, il fiato di Vasuki diventa caldo, poi più caldo, poi rovente, una
fiatella da paura!
gli asura, che proprio dalla testa lo
tengono, maledicono l’ingenuità di essersi lasciati convincere dai deva che l’enorme testa di Vasuki fosse
la parte più nobile, e quindi la più ambita, da maneggiare.
il peggio, però, deve
ancora venire: infatti il povero Vasuki, così stiracchiato tra testa e coda, inizia
a sputare il suo terribile veleno e la prima cosa ad emergere dal frullamento
dell’Oceano di latte è proprio il suo temibile miasma, che rischia di
contaminare l’Oceano intero, distruggendo tutto il suo contenuto e avvelenando
tutti, deva e asura compresi.
e adesso?
tutto è perduto?
i deva chiedono a Shiva aiuto e
protezione dato che, in quanto distruttore, è l’unico che possa salvare la
situazione.
il mestiere di una
divinità è di ascoltare le preghiere e assecondare le richieste che le vengono
rivolte e Shiva, che sa fare il suo mestiere, usa l’unico modo possibile per esaudire
la supplica: si respira da solo tutto il veleno, trattenendolo in gola.
non rimane totalmente
incolume, però, Shiva.
assorbire il miasma
perché il mondo possa esistere gli lascia un segno indelebile, e la sua gola
diventa, per sempre, blu.
ma i guai, si sa, non
arrivano mai da soli.
nemmeno il tempo per tirare
un sospiro di sollievo (tutti meno Shiva), e ci si accorge con terrore che il
monte Mandara sta inesorabilmente affondando...
[continua]
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