Oggi è luna piena.
È luglio e, dunque, l'ardita osservazione è che si tratti della
luna piena di luglio.
La luna piena di luglio
in India è una luna piena speciale e vabbé che, come mi ha fatto notare un amico ieri
sera, l'India è innegabilmente dall’altra parte del mondo, ma resta pur sempre terra
natia dello Yoga (nonché, per me, luogo dell’anima e un poco mi si è spaccato
il cuore quando, alla chiusura della stagione dei corsi settimanali, con occhi
grandi di entusiasmo mi si è chiesto ‘allora, vai in India quest’estate?’,
perché no, non ci vado. C’ho alcuni bellissimi ritiri fino a settembre, per
fortuna: mi consoleranno), comunque dicevo in India è la Luna Piena dei Guru: d’ora
innanzi Guru Purnima.
E questa festa può avere
un significato denso anche per noi, da questa parte del mondo: perché Guru
Purnima è dedicata agli insegnanti; Gu-ru: ovvero chi rimuove ‘gu’, l’oscurità
e porta ‘ru’, la luce.
Quelli che ci hanno
cambiato la vita.
Quelli che hanno creduto
in noi, che hanno dedicato la propria generosità a condividere la loro visione,
perché poi noi potessimo trovare la nostra strada, il nostro Guru interiore, che
alla fin fine, sia detto, è l’unico che veramente conta.
Guru Purnima è una festa
dedicata nello specifico a un veggente che adoro: si chiama Vyasa, secondo la tradizione ci ha
tramandato veramente un sacco di cose bellissime e, soprattutto, ha
dettato il Mahabharata a Ganesha (QUI la prima parte della storia di Ganesha
e, col suo aiuto, magari a breve avrò modo di scrivere la fine di quella
storia lì e, se proprio mi assiste, anche le vicende che lo hanno portato a
collaborare con Vyasa per la stesura del Mahabharata, appunto), che è il mio poema
epico preferitissimo.
Insomma, Vyasa è il mio
eroe e non si può proprio evitare di pensarlo quando arriva Guru Purnima.
Oltretutto alcuni giorni
fa, per una serie di coincidenze che mi hanno colta di sorpresa mentre
organizzavo tutt’altro nel weekend incipiente, ho trascorso alcune ore a
Venezia, tra un vaporetto e l’altro, assieme a Gabriella Cella, la maestra con
la quale ho studiato per quattro anni.
E certamente lei, a suo tempo, ha creduto in me quando ero molto giovane (e nemmeno davo garanzie, vista l’età, gli studi all’università e un precariato lavorativo - per l’epoca - incredibile, di portare a termine la scuola, dato che 4 anni possono essere lunghi e tosti per chiunque).
A distanza di tanto tempo, stare assieme su quei vaporetti ci ha lasciato una grande gioia e l'innegabile sensazione di essere sempre state vicine, a prescindere.
E certamente lei, a suo tempo, ha creduto in me quando ero molto giovane (e nemmeno davo garanzie, vista l’età, gli studi all’università e un precariato lavorativo - per l’epoca - incredibile, di portare a termine la scuola, dato che 4 anni possono essere lunghi e tosti per chiunque).
A distanza di tanto tempo, stare assieme su quei vaporetti ci ha lasciato una grande gioia e l'innegabile sensazione di essere sempre state vicine, a prescindere.
Insomma di Guru Purnima
dovevo proprio scrivere, ecco, perché una festività dedicata a chi ci ha aiutato a crescere ha qualcosa di
generoso e forte e vorrei che anche qui ci fosse una festa ufficiale dedicata
ai maestri di ogni latitudine.
Il Guru vero, autentico,
infallibile, viene evocato dal lavoro coi maestri che ci hanno trovati, ed è
interiore.
L’intuito che ci indica
la direzione, l’istinto che ci guida nelle scelte.
La luce che brilla
dentro.
Per svelarla, beh, ci sono
sì, i maestri in carne e ossa.
Ci sono anche le persone
‘sbagliate’, gli incontri che avremmo preferito non accadessero, gli eventi e
gli ostacoli che ci hanno permesso di modellarci, di trovare energie nascoste
in pieghe insospettate dell’anima.
Proprio oggi, e proprio
per onorare i Guru tutti, mi viene da consigliare una lettura.
È un libro che amo, è un
testo svelto, scorrevole, scritto in forma di domande e risposte, in capitoli che (se siete pigri oppure curiosi) non serve nemmeno leggere di seguito.
Si chiama Essere Corpo, Tea Edizioni.
L’autore è Jader Tolja, anche
lui mio insegnante, di Anatomia Esperienziale.
Parole agili che
forniscono punti di vista ‘incarnati’, ché il Corpo è il vero Guru.
Essere Corpo è un
viaggio attraverso gli aspetti della vita quotidiana, dal vestirsi al nutrirsi,
all’abitare, al muoversi, all’allenarsi, alla salute e perfino alla
spiritualità...tutto dal punto di vista del Corpo e della sua consapevolezza.
A parte le persone che
sono abituate a quello che viene chiamato ‘approccio somatico’ e a chi ha già lavorato, ad esempio, con me nello
Yoga, che sicuramente troveranno conferme e spunti intelligenti, questo libro
farebbe bene anche e soprattutto a chi considera 'corpo' come 'quella parte che sta
appesa sotto la testa'.
Come ben sappiamo,
queste persone sono la maggioranza.
All’interno di questo
libro bello, c’è il mio capitolo preferito, una vera e propria ode
al Guru interiore: parla - guarda un po'! - degli insegnanti guru.
Quelli che ‘fanno’ i guru (e, anche qui, come purtroppo
sappiamo, sono la maggioranza).
Delinea chiaramente i
pericoli dell’interazione con questi ‘personaggi’,
e in modo gentile ma deciso anche le possibilità insite nell’insegnamento
autentico come circolo virtuoso il quale, rispetto all’insegnamento-del-guru-farlocco:
“Per chi insegna, ciò
significa che una maggiore esperienza porta a maggiore professionalità, che a
sua volta fornisce una maggiore gratificazione, che favorisce una maggiore
autostima. Grazie a questa dinamica
il bisogno di sentirsi speciali o superiori si riduce e questo permette di
sviluppare un maggiore senso di realtà, che a sua volta conduce a maggior
libertà di espressione e alla realizzazione del proprio Sè.
Specularmente, chi partecipa
a un corso sviluppa più confidenza in ciò che sta apprendendo, la pratica
diventa più gratificante e ciò produce una maggiore autostima e minore
necessità di figure esterne con cui identificarsi.
[...] perché come si apprende determina quello che
diventeremo molto più di ciò che si
apprende”.
Leggendolo, si scopre che può esserci molto più Yoga in un testo che nominerà lo yoga sì e no quattro volte in trecento pagine, piuttosto che in un libro ufficialmente dedicato allo Yoga che poi mostra solo sterili contorsionismi.
Voglio condividere una parte del saluto conclusivo degli incontri di Yoga, con tutta la gratitudine che esiste:
Leggendolo, si scopre che può esserci molto più Yoga in un testo che nominerà lo yoga sì e no quattro volte in trecento pagine, piuttosto che in un libro ufficialmente dedicato allo Yoga che poi mostra solo sterili contorsionismi.
Voglio condividere una parte del saluto conclusivo degli incontri di Yoga, con tutta la gratitudine che esiste:
‘mani giunte alla
fronte, per ringraziare il nostro Guru – persone, situazioni, occasioni,
ostacoli – per gli insegnamenti ricevuti’
A (tutti) i miei Guru
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