venerdì 26 ottobre 2018

Mudra: ovvero, le mani sanno tutto #4 parte - Ganesha Mudra

Mudra Yoga - Ganesha Mudra - KeYoga
Questo Mudra per me è stato una vera scoperta: è potente e dolce allo stesso tempo.

Si fa così: 

Seduti nella nostra 'postura felice' (che significa comodamente, ed è un’indicazione molto importante in generale, ancora più importante quando si praticano i Mudra perché l’ascolto sottile va a farsi benedire con una certa rapidità, se stiamo lottando con crampi o dolori fin dall'inizio...a buon intenditor);
Partendo da Anjali mudra, ruotiamo i palmi delle mani uno sull'altro, in senso opposto (orario una mano, antiorario l'altra), finché le dita di una mano non sfiorano l'interno del polso dell'altra e polsi e, allora, mani e spalle si trovano su un’unica linea parallela a terra;
Adesso, agganciamo le dita di una mano alle dita dell'altra: ci troveremo coi pollici all'esterno della presa, uno rivolto al cielo e l’altro alla terra.
È importante, per sentire bene l'elettricità che scorre, che le spalle e le mandibole siano ben rilassate.

Ci si accorge che per tenere il Mudra è sufficiente pochissima forza: infatti, dopo qualche respiro, il Sigillo 'sta' da sé, e quando questo accade, è facile che lo stato meditativo sorga spontaneamente.
Si percepisce immediatamente lo spazio al centro del torace, dalla bocca dello stomaco al cuore.

Un piccolo approfondimento, che è anche un consiglio: a un certo punto, quando lo desiderate, girate le mani nell'altro senso, insomma scambiatele: le sensazioni cambiano!
Onoriamo il fatto che non siamo simmetrici (e non abbiamo nessun obbligo di esserlo, oltretutto) quindi, di fatto, celebriamo la nostra asimmetria; non abbiamo nemmeno l’obbligo di eseguire qualsivoglia ‘esercizio’ da entrambi i lati.
Detto questo, consiglio comunque di provare a scambiare l'incrocio; infatti abbiamo la tenenza naturale a iniziare (un passo, un salto, un gesto, un’Asana...) nella modalità che ci risulta più semplice, più immediata, e che di solito segue lo schema motorio abituale: ha un senso, perché il nostro istinto non ci fa ‘fare fatica’ a vuoto!
Può essere, però, interessante scoprire quello che c’è nel lato ‘nascosto’, termine con cui di solito ci riferiamo alla zona-ombra della nostra psiche, ma che si trova pure nel fare un passo, un salto, un gesto, un’Asana, dall’altra parte.
Nei Mudra, poi, è particolarmente stimolante: cosa ci dice, di noi, che magari non sapevamo prima?

Dedicato a Ganesha, la divinità con la testa di elefante, invocato per rimuovere gli ostacoli, questo gesto in effetti trasmette una grande quiete, il senso di solidità della presa, e il respiro del cuore.
Un partecipante a questo seminario mi ha raccontato di aver poi praticato Ganesha Mudra con costanza durante un periodo per lui faticoso: ha trovato in questo Sigillo prezioso grande centratura e calma.
Pronti a sperimentare?

Sappiamo che conoscere la storia del mito che un simbolo sottende, lo rende più facile da integrare, e dunque più potente: allora QUI c'è la storia di Ganesha, colui che rimuove gli ostacoli...

venerdì 19 ottobre 2018

Mudra: ovvero, le mani sanno tutto #3 parte - Prithvi Mudra

Mudra Yoga - Prithvi Mudra: la forza della terra - KeYoga
Il Sigillo della Terra: ecco qui un Mudra davvero stupendo!
Si fa così: seduti comodamente, nella nostra postura 'felice'
Le mani sono appoggiate  con i palmi rivolti verso il cielo; anulari e pollici si toccano, mentre le altre dita restano allungate (NON ‘tese’, non troppo ‘molli’, semplicemente allungate). 
Ecco, siamo in Prithvi Mudra: il sigillo della Terra.
Come per ogni Mudra, la cosa fondamentale è la qualità di attenzione che si sviluppa.
Come per ogni Mudra, si chiudono circuiti elettrici, si contattano qualità sottili...

Sapete  perché si chiama così? 
Perché è dedicato all'energia di Prithvi, la Terra, la nostra energia fondante.
Potremmo essere facilitati nel sentire meglio la portata di questo Mudra, se conosciamo anche il mito che sottendeQUI. 
Esattamente come nella storia, questo Mudra aiuta a raccogliere le energie che ci sostengono: la connessione con la vitalità, con le nostre potenzialità, il contatto con la forza vitale.
La stabilità.
La sicurezza.
Collegandoci a Prithvi, richiamiamo tutte le qualità della Terra, compresa la forza dei tessuti del nostro apparato muscolo scheletrico, dei nostri visceri.
Perché, se è vero che senza Terra non ci può essere altro, è anche altrettanto vero che con una buona energia vitale la qualità del nostro cammino nel quotidiano diventa più intensa, colorata e bella.

giovedì 18 ottobre 2018

le avventure della Terra e del Cinghiale - ovvero Prithvi e la Stabilità


Prithvi - mitologia indiana - Yoga e Mitologia
In questa storia indiana ci sono rapimenti, discese in fondo all’Oceano di prima dell’inizio  salvataggi, lotte titaniche; in questa storia c’è, anche, una stabilità acquisita...
È mai capitato a qualcun’altro? 
Toccare il fondo’ (che per ciascuno ha una sfumatura differente), risalire, trovando stabilità, una saggezza diversa, una visione allargata, una pazienza rinnovata?
Ecco, la storia è questa.

Non è un caso se i miti indiani, spesso, iniziano con un Asura = demone: infatti gli Asura non sono mica, banalmente, brutti-malvagi-cattivi (o, almeno, non sempre, come saremmo invece portati a pensare quando traduciamo il termine con ‘demoni’). 
Essi sono le qualità energetiche che stanno nell’ombra, al buio: e dunque quelle sconosciute
Il primordiale timore del buio – anche se fingiamo, dignitosamente, di averlo superato fin dai tempi lontani dell’infanzia – è legato al fatto che ignoriamo cosa ci sia lì, nascosto nelle tenebre. 
Magari c’è qualcosa  di sorprendente, potrebbe trattarsi di un incontro utile alla nostra crescita. 
Per questo mi piace che le storie inizino con un Asura: iniziano con una sorpresa.
Questa storia non fa eccezione.

L’Asura si chiama Hiranyaksha, che significa Occhio-d’-Oro; la madre di Occhio-d’Oro è Diti, la Madre Cosmica, mentre il padre è Kashyapa, il primo dei Rsi, i veggenti: il capostipite, così antico che, a quanto pare, da lui discendono i Deva (Dei), gli Asura (anti-dei, ombre), i Naga e l’umanità tutta.

Insomma Dei e Asura sono tutti figli dello stesso padre, e sono in costante lotta tra loro. Come nel simbolo del Tao, ombre e luci danzano, e dalla loro danza emergono energie diverse, colori differenti...nessuna delle due può prevalere definitivamente sull’altra, altrimenti la Vita, che è movimento, è vibrazione, avrebbe termine...

Com’è possibile che il figlio di una coppia simile sia un Asura, oltretutto parecchio malvagio?
Pare che, in un’incarnazione precedente, Occhio-d’Oro e il suo fratello gemello (Asura quanto lui) fossero i guardiani della dimora celestiale di Visnu, il conservatore della Vita (apparirà tra poco come Cinghiale Cosmico, in questa  storia); e quando alcuni veggenti si presentarono, chiedendo di incontrare Visnu, loro come custodi della tranquillità di Visnu glielo impedirono [come farebbe qualsiasi brava guardia del corpo degna del proprio incarico, eh!]. 
I veggenti non la  presero bene: infatti, li maledirono.
Dovete sapere che le maledizioni dei veggenti facevano paura a tutti perché erano implacabili
Stavolta, ai due guardiani tocca di rinascere Asura
Comunque sia, da Diti, la Madre Cosmica, nascono Hyranyakasha, Occhio-d’-Oro, e suo fratello, Vestito-d’-Oro.
Mi ha colpito, questo dettaglio dell’occhio d’oro.
Gli occhi d’oro sono soprannaturali, evocano super poteri
Un modo diverso di guardare il mondo.
Nella mitologia classica pare che la maga Circe, quella, per intenderci, che trasformò i compagni di viaggio di Ulisse in maiali, avesse occhi d’oro (e anche in quella vicenda ci sono superpoteri, occhi d’oro e maiali, cioè una versione più domestica e ben educata del cinghiale che sta per arrivare).
È chiamato Occhio-d’-Oro pure un altro personaggio della mitologia indiana, Kubera, che è il custode dei tesori: pare infatti che, una volta, avesse affermato che il denaro può comprare tutto, così la Dea gli tolse un occhio, incitandolo a rimpiazzarlo. 
E, lui, con cosa lo fece? 
Esatto, si mise un occhio d’oro!. 
Così uno dei suoi molti nomi è Ekaksipingala che vuol dire quello con l’occhio d’oro, o giallo.

Tornando al 'nostro' Occhio-d’Oro, l’Asura, lui i superpoteri non li ha, non dall'esordio. 
Ma sa bene come procurarseli: armato di incrollabile pazienza, decide infatti di praticare austerità rigidissime, dedicandole a Brahma, l’Iniziatore della Vita. Il dio, dopo anni e anni di preghiere, gli appare e gli concede la realizzazione di un desiderio.
Infatti, come ben sappiamo, il mestiere del numinoso è, una volta invocato correttamente, di esaudire i desideri e rispondere alle preghiere. Anche se sei un Asura...
Occhio-d’Oro chiede e ottiene di dominare l’intero mondo; in particolare ottiene che nessun animale elencato lì per lì, di fronte a Brahma, abbia mai il potere di ferirlo o ucciderlo. 
Il fatto è che si dimentica di nominare un solo animale: indovinate quale?
Infatti.

Occhio-d’Oro inizia subito a creare scompiglio, saccheggiando ogni cosa di valore dalle creature del mondo, inclusi i testi sacri indiani. Sfida perfino a duello tutti i semidei, uno ad uno, ma nessuno di loro accetta. 
Decide allora di trascinare Prithvi = la Terra, nel fondo dell’Oceano primordiale, e di tenerla prigioniera lì; ma, quando manca la Terra, cosa succede? 
La Vita non riceve sostegno, si spegne, resta spazio solo per l'immobilità e la morte!
Come sempre, quando la Vita stessa è in pericolo, quando l’universo è al punto di collasso, deve per forza intervenire Visnu, che perlappunto di mestiere fa il Conservatore della Vita: lui è quello che arriva e salva nelle situazioni più critiche.
Stavolta prende la forma di un cinghiale, che era l’animale scordato da Occhio-d’Oro nel suo elenco: inizialmente, Varaha il Cinghiale esce dalle narici di Brahma (l’Iniziatore della Vita, e anche, in fondo di questa storia) come una piccola bestiolina delle dimensioni di un’insetto, ma inizia subito a crescere.  
Diventa grande come un elefante, e cresce ancora, ancora, fino a diventare come una montagna, finché il suo corpo immenso occupa tutto lo spazio tra  la terra e il cielo.
Cinghiale - Varaha: mitologia indiana - Yoga e Mitologia
Il Cinghiale Varaha si tuffa nelle profondità dell’oceano, per salvare Prithvi
Ovviamente incontra Occhio-d’Oro, che gli si para davanti e non ci pensa nemmeno di lasciare Prithvi libera; il loro combattimento dura mille anni, finché il Cinghiale, finalmente, distrugge  Occhiod’Oro. 
Riporta Prithvi, la Terra, a galla: e le acque primordiali, mentre la Terra e il Cinghiale risalgono in superficie dalle profondità più oscure dell’oceano, vengono agitate da onde enormi, mulinelli, cascate...quando tutto si placa, il Cinghiale Varaha distende la Terra, Prithvi, ben bene, modellando montagne e continenti, in modo da renderla nuovamente abitabile.
D’altronde ‘Prithvi’ significa ‘estesa’, ‘distesa’. 
È il principio di fertilità, la fonte di ogni vegetazione, ed è la stabilità, e il sostegno degli esseri viventi.
Lei è paziente come nessun altro, e porta sul petto il peso di tutto ciò che vive. 
Il Cinghiale, di fatto, rappresenta la rinascita della Terra.

Se siete arrivati fin qui, forse vi sarete accorti anche voi che questa storia ha qualcosa di noto, come quando ci presentano qualcuno che, con certezza, non conoscevamo prima, ma ci pare familiare...
Se vi è capitato con anche con questo mito indiano (e non solo col cugino del vostro vicino di casa), potrebbe dipendere dal fatto che, nella mitologia classica occidentale, c’è una storia affine, con dentro il rapimento di una dea verso luoghi sotterranei, il recupero della dea stessa, un cinghiale...è il mito di Demetra/Persefone, rapita da Ade nell’oltretomba; anche qui la Vita è in  pericolo, e uno degli animali attribuiti a Demetra è proprio il cinghiale.
Certo, nel mito indiano c’è una lotta tremenda, mentre in quello greco manca lo spargimento di sangue, manca Occhio-d’Oro. Perché Ade dell’oltretomba, delle oscurità, delle aree  sconosciute, del buio, è potentissimo e non ce lo sogniamo nemmeno di poterlo distruggere. Il mito greco trova un compromesso: dice che periodicamente la Dea deve tornare a regnare le zone oscure, e periodicamente risalire. Ade, in pratica, è un'energia molto più definitiva rispetto a Occhio-d'Oro (ha già i superpoteri, lui, non ha bisogno di procurarseli): con una qualità simile, si può solo negoziare, mica si può pensare di annientarla!

Prithvi - Yoga e Mitologia - la terra e il cinghiale
Prithvi è l’essenza dell’elemento Terra. È ‘colei che sostiene ogni cosa’: infatti nell’iconografia è rappresentata seduta su una piattaforma quadrata (= simbolo della stabilità e della terra), sorretta da 4 elefanti, che sono i 4 angoli del mondo. Può avere due o quattro braccia; spesso è rappresentata con del grano o  frumento in una mano, esattamente come le rappresentazioni di Demetra, e una delle mani è sempre in Abhaya Mudra, che è il gesto simbolico, Mudra, 'che scaccia la paura'; l'altra è in Varada Mudra, il gesto 'del dono'.
E cosa c'è di più rassicurante della Terra che ci dice 'Non aver paura, ti darò quello che ti serve'?

Per questo Occhio d'Oro e Ade sono comunque simili: se non ci fossero loro, nelle due mitologie affini eppure differenti, non potremmo sapere che i 'mondi' possono comunicare, che si può finire nell'oscurità dell'Ade o del fondo dell'oceano.
Se non ci fossero loro, non sapremmo che, capitasse mai di perderci nel buio, di toccare il fondo, beh da lì si può risalire
Che possiamo attivare le energie che ci salvano (con un lotta pazzesca, oppure con una negoziazione).
Che, alla fine, Prithvi, la Terra, sostiene sempre tutti gli esseri viventi e quindi anche noi, se solo ci autorizziamo a lasciarci sostenere, ad avere più fiducia nel movimento  della Vita.


Come mai proprio il Cinghiale? [continua...]

NB: per provare l'energia di Prithvi, c'è anche un bellissimo Mudra dedicato, QUI
Se ti stai chiedendo cosa siano i Mudra...QUI!

mercoledì 3 ottobre 2018

Mudra: ovvero le mani sanno tutto #2 parte - Anjali Mudra

QUI l'introduzione.
Mudra Yoga, Anjali Mudra, KeYoga, Laura Voltolina

Il mio Mudra preferito, e mi piace inserirlo per primo, si chiama Anjali Mudra, che significa Gesto dell’Offerta.

[Anjali, per la cronaca, è anche un bellissimo nome di battesimo]
Iniziamo, a  partire dalla nostra postura 'felice', unendo i polpastrelli delle dita davanti al cuore, piano, senza 'schiacciare' troppo. 
Poi le dita, poi i palmi.
Facciamo attenzione a mantenere le spalle rilassate: infatti le mani stanno unite con facilità, non è necessario spingere.
Se utilizziamo la giusta tonicità (= non troppo, non troppo poco, vedi sopra...), allora percepiremo la chiusura del circuito elettrico del canale del cuore.
Tra un palmo e l'altro c'è uno spazio microscopico ma denso, e se saliamo con l'ascolto lungo le braccia, potremo percepire  lo spazio potente e dolce del cuore.
Anjali Mudra, Yoga Mudra, KeYoga, Laura Voltolina
Amo questo Mudra soprattutto perché è un gesto di presenza; in larghissima parte del mondo è un gesto di saluto: e quando salutiamo qualcuno, stiamo dicendo 'sono qui, adesso, sono presente per te'.
In altri luoghi del mondo è un gesto di preghiera: e cos'è la preghiera se non essere presenti alla divinità, al numinoso?
Presenza al centro: mano destra e mano sinistra unite al centro, uniscono passato/futuro, uniscono maschile/femminile ecc.

È un gesto intensissimo nella sua semplicità.
Può essere praticato di per se stesso stando seduti o in piedi; chi pratica abitualmente Asana (che sono le forme, le posizioni, dello Hatha Yoga), lo troverà a incorporato anche , ad esempio, in Vrksasana (la posizione dell'albero).

I benefici di questo Mudra sono moltissimi; trovo che l’aspetto interessante di ciascuna esperienza sia l’aspetto personale: il margine individuale, ciò che il singolo Mudra porta a chi lo sta praticando, in quel preciso momento.
Detto questo, Anjali Mudra parla dell’offerta: offerta di sé, presenza, e dunque conduce a ‘centrarsi’ e, come sempre quando siamo ‘focalizzati’ su noi stessi, l’ansia si dilegua. Entriamo in contatto con la parte più autentica e bella di noi: quella, appunto, che si offre.
E' un gesto di disponibilità, a se stessi e al mondo.

sabato 29 settembre 2018

Mudra: ovvero, le mani sanno tutto (prima parte)

Mudra Yoga, KeYoga, Laura Voltolina
ph Riccardo Ciriello
Sbarchi dall’altra parte del mondo, India del Sud; in solitaria, e in India non c’eri mai stata.
La prima volta che hai visto quel gesto, quel movimento lì, eri ancora in aeroporto.
L’avevi capito dall’incipit che sarebbe stato un viaggio interessante: hai subito sbagliato coda all’immigrazione e, anziché con gli stranieri, ti sei accorta troppo tardi di essere in quella dedicata agli indiani, perciò  hai trascorso tutta l’ora buona che c’è voluta per arrivare a mostrare il tuo visto nuovo di zecca sperando che al desk non decidessero di mandarti a rifare la coda dalla parte corretta.
Al tuo turno l’addetto ti guarda, ondeggiando la testa a destra e sinistra.
Pensi caspita, nemmeno il tempo di sbarcare e già sono nei guai, perché ti è immediatamente chiaro che, qualsiasi cosa significhi, quel gesto lì, non promette niente di buono; invece lui ti ha piazzato il timbro sul passaporto e via, sei uscita.
Hai pensato che l’addetto avesse il Parkinson.
Quando hai visto che anche l’usciere della guest house, la cameriera del ristorante e l’omino che vendeva banane al chiosco ambulante oscillavano la testa, hai sospettato che potesse essere qualcosa di diverso da un’epidemia di Parkinson.
È un modo di assentire, ringraziare, riconoscere che sei lì, presente, stare nel ritmo delle parole che si dicono e che si ascoltano. 
È una comunicazione gestuale.
Che poi sono italiana e proprio noi italiani, con la gestualità, abbiamo un rapporto che definirei privilegiato.
Non solo movimenti della testa, ma delle mani, le mani soprattutto: sono la nostra specialità.
Gesticolare fa parte integrante nostro modo di sentire, e di comunicare
Proprio come in India.

Proprio come nell’arte
Una delle raffigurazioni pittoriche super antiche che preferisco si trova in una grotta in Argentina e risale a una cifra di anni fa - e mai ‘cifra’ è stato più adatto. Indovinate cos’hanno rappresentato, quegli autori paleolitici?
Esatto, mani. 
Una foresta di mani, oltretutto, che toglie il fiato da quant’è bella.
Importanza delle mani fin dalla preistoria, Mudra Yoga
Cuevas de las  manos - Argentina

Nei dipinti, negli affreschi, nelle icone a tema religioso, nei mosaici, nelle sculture, insomma in qualsiasi raffigurazione soprattutto a tema religioso, la rappresentazione delle mani ha un significato preciso: le mani sanno tutto, insomma.
In India queste posizioni delle mani, delle dita, dei piedi, degli occhi, della testa, della lingua, si chiamano Mudra, che significa "sigillo" o "gesto simbolico”.
Sono fondamentali nella danza classica (bharatanatyam, kathakali), nel teatro, nella raffigurazione delle divinità rappresentate nei templi, che siano induisti o buddisti.
Anche nello Yoga ci sono i Mudra.
Avete presente quelle immagini che ritraggono solitamente una fanciulla, seduta a gambe incrociate con i pollici e gli indici delle mani che toccano formando due piccoli cerchi? Foto così vengono utilizzate per venderci di tutto, dallo yogurt a un viaggio in Sicilia.
Ecco ad esempio quel gesto lì delle mani, quello è un Mudra; nello specifico si tratta del sigillo detto della consapevolezza (cit) o della conoscenza (jnana).
Nello Yoga, i Mudra sono potenziati: alla forza del messaggio simbolico, si unisce l’energia derivante dalla chiusura dei ‘circuiti elettrici’ dei canali energetici.
Sono uno strumento formidabile per la meditazione e per la salute.
Pronti a sperimentare?

Qui tratteremo degli Hasta Mudra, che sono i Mudra delle Mani.
Prima di iniziare 
Un aspetto veramente importante nei Mudra delle mani, spessissimo trascurato, è che ciascuno trovi la propria 'qualità di pressione', perché se premiamo troppo le dita tra loro percepiamo la forza brutalmente muscolare, e ci perdiamo la sensazione sottile della chiusura dei circuiti energetici; va da sé che se la pressione è troppo labile, ci perdiamo ugualmente le percezioni sottili.
L’invito, in questa pratica potente e così semplice da poter apparire banale, è sempre di trovare il proprio, personale, ‘tocco’.

Un altro elemento fondamentale, lo esplicito anche se  ovvio, è che quasi tutti i Mudra delle mani si praticano seduti, o in piedi: trattandosi di ‘ascolto sottile’ è necessario che la posizione, seduti a terra, su un cuscino, su una sedia, in piedi...qualsiasi essa sia, sia ‘felice’, ci faccia sentire bene: perché che razza di ascolto profondo può esserci se stiamo soffrendo per dolori atroci alle articolazioni, al dorso, e ci sentiamo infelici?

Quindi: postura felice e...via! 
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